Il viaggio

Dopo molte ore trascorse a decidere e perfezionare la nostra tabella di marcia, alle ore 14.30 del 30 luglio 2009 siamo partiti, destinazione Lutsk (Ucraina). Eravamo muniti di tutto a cominciare dal navigatore satellitare e da svariati percorsi ottenuti dal servizio di Google maps.
Facemmo la prima tappa un po’ prima di Trieste e nonostante il tardo pomeriggio faceva ancora un caldo torrido. Un panino, una coca, un po’ di frutta (ci siamo portati tutto da casa!) e un buon caffe’, all’autogrill però, che, come si sa, è buonissimo e poi via verso la Slovenia. Erano ormai passate le 22.00 quando oltrepassammo il confine liberamente superabile nonostante la presenza (discreta) di qualche poliziotto. Dopo aver girovagato per più di mezz’ora ci rendemmo conto di avere perso la direzione per l’autostrada, ma come per incanto, nonostante l’ora tarda, ecco spuntare l’insegna di un distributore ancora aperto. Riuscimmo a farci capire poichè il gestore non parlava italiano e molto stentatamente e per nulla entusiasta ci indico’ piu’ o meno la via per imboccare l’autostrada. Oramai era notte e il paesaggio ci scorreva di lato senza che si potesse distinguere più di quel tanto. Scoprimmo poi, durante il viaggio di ritorno, la sua bellezza. Tanto verde, un saliscendi di zone collinari con tanti paesi e cittadine disposti ordinatamente, un senso di pulizia, ma nello stesso tempo un fermento di attività industriali grandi e piccole.
A questo punto si presento’ un problema: avevamo percorso circa 30 km. di autostrada ed eravamo sprovvisti del bollino, la cosiddetta vignetta per cui quando vedemmo avvicinarsi un’area di servizio tirammo un sospiro di sollievo.
Dopo avere acquistato la vignetta (ed esserci cosi’ tranquillizzati) ripartimmo alla volta del confine ungherese con la speranza di attraversare Budapest nelle primissime ore del mattino quando il traffico non era ancora caotico. Che illusione! Giunti ad una zona di confine che per noi doveva essere quella ungherese ci sentimmo dire dal poliziotto di guardia che stavamo per entrare in Croazia! Evidentemente non avevamo seguito bene le indicazioni forniteci dal navigatore o forse le mappe non erano aggiornate per quella zona. Poco male perchè dopo circa mezz’ora di transito in territorio croato ritrovammo la retta via. Tutto questo però ci scombussolò la tabella di marcia e infatti ci ritrovammo a Budapest proprio al risveglio della città in un traffico infernale. Ma fummo ripagati dalla sua incantevole bellezza che meritava davvero una visita più approfondita.
Entrati in Ungheria ci aspettavano ancora molte ore di autostrada. La stanchezza cominciava davvero a farsi sentire. Non erano neanche le sette del mattino e avevamo previsto l’arrivo alla frontiera ucraina per l’una del pomeriggio circa. Le soste si facevano sempre più frequenti e questo ci dava modo di osservare un po’ intorno a noi il territorio, piatto e quasi sempre uguale. Dopo qualche ora però superammo le bellissime zone intorno al lago Balaton, mete turistiche molto famose.
E intanto l’Ucraina si avvicinava…
Come previsto era all’incirca l’una del pomeriggio quando giungemmo in prossimità del confine. Non si poteva sbagliare: lunghe file ordinate di auto e camion su due distinte corsie.
Mettendoci molto impegno riuscii anche a sbagliare, posizionandomi nella zona destinata ai mezzi pesanti…Un agente (a gesti e urla) me lo fece presente, nonostante tutto in modo abbastanza gentile. Eccoci dunque al controllo dei documenti e della merce trasportata. Tutto si svolse senza particolari problemi a parte la lungaggine dovuta alla presenza di numerose macchine. Alla fine ripartimmo con un augurio di buona permanenza da parte degli agenti.
Il paesaggio si tinse di colori molto più intensi, il verde di grandi distese e il giallo dei campi di granoturco e girasoli. Qua e là, in mezzo a innumerevoli saliscendi, le tinte pastello delle case di campagna immerse in una grande quiete. Attraversammo numerosi paesini dove fuori da ogni casa la gente vendeva i prodotti della terra appena raccolti dalla frutta (prugne, mele) agli ortaggi (pomodori, cetrioli, zucchine) e poi le patate prodotto principe della fertile terra ucraina.
Quasi senza accorgergercene il paesaggio cambiò repentinamente e ci rendemmo conto di essere giunti in prossimità dei Monti Carpazi, la lunga catena che attraversa per 1500 km. la Repubblica Ceca, la Slovacchia, la Polonia, la Romania e l’Ucraina. Ampie vallate si snodavano a perdita d’occhio e sulla bella strada che le attraversava si incontravano ancora tanti venditori di prodotti locali a partire dai mirtilli e poi fragole, lamponi, miele e tanto altro ancora.
Per non parlare dei tantissimi negozi lungo la strada pieni di oggetti di artigianato locale dove non c’era che l’imbarazzo della scelta per portarsi a casa qualcosa che non ci avrebbe fatto dimenticare quei luoghi.
Man mano che si procedeva non potevamo fare a meno di notare la massiccia presenza di mezzi pesanti appartenuti all’esercito russo, ora dismessi, ma funzionanti e adibiti al trasporto principalmente di legname e altre merci.
Ma forse la cosa che più colpiva procedendo verso la pianura erano gli sgargianti colori delle chiese ortodosse con le loro cupole dorate ed arrotondate, presenti in ogni paese e conservate perfettamente a testimonianza di una fervida attività religiosa.
E così dopo quasi 200 km. di strada di montagna, comunque non pesanti perchè tenuta molto bene e agevolmente percorribile, arrivammo in fondo e, con nostra grande soddisfazione, leggemmo i primi cartelli che indicavano la città di L’vov che avremmo dovuto attraversare per arrivare a Lutsk. Ora il manto stradale si faceva un po’ più insidioso e c’era l’obbligo di moderare la velocità anche per i frequenti controlli elettronici. Quasi in ogni piazzola era sistemato un ponte nel caso in cui l’auto avesse avuto dei problemi, per permettere appunto gli interventi di manutenzione ordinaria. Ancora 400 km. circa e saremmo giunti alla meta…coraggio!